Come
ogni anno in questo periodo si torna a parlare di botti e del terrore
che molti dei nostri amici a quattro zampe manifestano dinanzi a
essi, una situazione davvero spiacevole che può sfociare in diversi
comportamenti compulsivi e che è in grado di condizionare fortemente
le nostre serate di festa in compagnia dei nostri cani.
La
richiesta da parte delle persone che si informano sui metodi per
placare le ansie o per risolvere i problemi connessi genera in rete
una proposta assai vasta di risposte. Spesso queste risposte arrivano
anche da persone titolate, con competenze specifiche, ciononostante
presentano a volte inesattezze, o letture errate di studi più
recenti. A volte rimangono fortunatamente parole perse nel vuoto,
altre purtroppo generano comportamenti sbagliati, con esiti spesso
disastrosi. E’
il caso dell’articolo di recente pubblicato dalla dottoressa
Gargano, relativamente agli abbracci e alla possibilità di
“confortare” il proprio cane in crisi di panico con gli stessi.
Citando a riprova della sua teoria lo studio della Dottoressa Kerstin
Uvnas-Moberg, luminare in campo degli studi sugli ormoni del
“benessere”, nei quali si ottiene palese conferma della
produzione di ossitocina durante gli abbracci… dimenticando però
che lo stesso studio, ahimé, conferma quanto già risaputo dai tempi
di Eibl-Eibesfeldt, ossia che tutto questo si realizza
esclusivamente tra primati, uomini e scimmie, che sono gli unici
esseri viventi a usare l’abbraccio per dimostrare affetto,
protezione e quant’altro.
Aspetti
decisamente più pregnanti (ma qui parliamo di una studiosa che vive
con i cani) vengono esposti dalla dottoressa Gallicchio e ci
consentono di percorrere le varie tappe attraverso le quali si va
realmente fissando questo problema e di dimostrare come molto
probabilmente siano proprio gli atteggiamenti sconsiderati da parte
nostra, nel vano tentativo di porvi rimedio, a produrre gli esiti più
terribili. Chiunque
infatti affronti sul campo la soluzione dei problemi comportamentali
ben presto si accorge della scalarità con la quale il problema si
manifesta. Nessun cucciolo entra nel panico al primo botto. Tutti i
proprietari segnalano una crescente paura, che si va marcando anno
dopo anno, sino a sfociare in episodi fobici puri, incontrollabili.
Cosa accade? Come spiega la dottoressa Gallicchio, il cucciolo rimane
probabilmente perplesso, dubbioso, di fronte a questi scoppi potenti
ai quali non sa dare una spiegazione e cerca conferme attorno a sé,
ma occorre che si associ a questa condizione qualcosa di spiacevole
che ne marchi o ne confermi in qualche modo lo status di
“pericolosità” per il cane affinché si trasformi in paura.
Esattamente come accade per i forti temporali e per tutti quei
fenomeni impressionanti ai quali il cane non sa dare un’origine o
una spiegazione.
Esempio
classico è quello del cane che si ritrova chiuso in terrazza allo
scoppio di un temporale, senza possibilità di fuga, ma non solo. Se
infatti ci è facile capire le dinamiche che scattano nella mente del
nostro povero amico nella condizione specifica appena citata, in
altri casi risulta più complicato comprendere chi e cosa giunge, nel
corso degli anni, a confermare al nostro compagno la giustezza del
suo crescente terrore. Da
buon osservatore e allievo di Lorenz escludo a priori
l’interpretazione e cerco conferme nel mondo animale attorno a me.
La prima, potente, mi giunge chiara da tutte le specie animali che
vivono allo stato brado, le quali non entrano nel panico dinanzi ai
noti fenomeni atmosferici. Questo quindi (non bastassero gli
esperimenti in materia compiuti negli anni da molti studiosi) esclude
in primis dai possibili “indiziati” ogni fenomeno naturale.
Assolto “il resto del mondo”, mi restano quindi i bipedi vestiti,
con i loro usi e costumi, le loro abitudini, le strutture che
compongono il loro mondo. E
qui mi fermo, perché, se non riesco a dire con precisione matematica
quale sia il comportamento corretto da tenere, con certezza conosco
quali sono invece i comportamenti da evitare. In pratica tutti quelli
tenuti dalle persone che hanno cani che manifestano fobie in questo
senso quando i loro cani entravano in stress. Mi pare ovvio. Di qui
la mia domanda: quanto diffuso pensiate sia tra i proprietari il
comportamento di confortare, coccolare, blandire a parole un cane
spaventato? La risposta è altrettanto ovvia:
estremamente diffuso.
Come negare che è la cosa che ci viene più spontanea? Ce lo dice la
nostra biologia che, da bravi primati, “sa” quanto sia
confortante per noi un abbraccio, quale scarica di ormoni “positivi”
esso generi, come detto sopra. Ma solo per noi primati. Mi
si obietterà che i nostri cani gradiscono le coccole e gli abbracci.
Questo è vero, ma è un comportamento acquisito, che imparano tanto
quanto un nuovo linguaggio. E per farlo hanno bisogno di tempo e di
conferme, ma ci arrivano. I cani sanno imparare nuovi linguaggi, e
non solo quello dell’uomo, come dimostrano i milioni di cani che
vivono in totale armonia e simbiosi con i gatti nelle nostre case. Ma
esattamente come accade per noi quando impariamo un nuovo linguaggio,
hanno bisogno di tempo. Di certo un cucciolo non sa godere di un
abbraccio, come sanno bene tutti gli allevatori fin dal primo momento
in cui han provato a strapazzare di languide coccole un tenero
cuccioletto. Un cucciolo in braccio le prime volte entra subito in
stress, sbadiglia e distoglie lo sguardo, è in tensione.
Insomma,
vorrei tanto poter dare ragione alla dottoressa Gargano ma un
cucciolo spaventato certo non trae beneficio dal nostro tipo di
conforto. Anzi. Riceverà segnali che interpreterà secondo il suo
linguaggio, assai probabilmente trovando conferme al suo status di
stress.
Se
poi vogliamo anche addentrarci in una presunta possibilità di umana
funzione dell’abbraccio sul cane, dobbiamo considerare che anche
per noi lo stesso genera differenti livelli di produzione di
ossitocina, conformemente alle varie situazioni. Va da sé che da
bambini l’abbraccio della mamma ha un potere assoluto, vincente
dinanzi a qualsiasi mostro terrificante. Ma provate a pensare a voi,
se alla stessa età, in una situazione analoga, foste stati
abbracciati da un altro bimbo o da un adulto altrettanto tremebondo:
credete forse che ne avreste avuto i medesimi benefici?
Anche
per noi conta quindi “chi” compie l’azione, e qui occorre
allora chiedersi “chi” siamo noi, eventualmente, per i nostri
cani. Chiediamoci soprattutto quale tipo di personalità possiede
quel proprietario che si tuffa a confortare il suo cane a suon di
coccole e con voce mielosa e quale sia quindi il ruolo che ricopre
per il suo cane. Certamente il suo abbraccio verrà letto in maniera
similare a quello di un fratellone impaurito.
Ancora
una volta ciò che mi conferma questa affermazione giunge dalla
comparazione degli studi effettuati, onere purtroppo troppo spesso
dimenticato dalla scienza odierna. Se cerchiamo il motivo della
presenza dei buchi neri di conoscenza tra scienze umane affini lo
dobbiamo purtroppo a questo enorme limite degli studiosi e del
mercato che li occupa. Dalla pratica osservazione del problema
attraverso educatori e comportamentisti attivi abbiamo chiaramente
evinto come il problema sia particolarmente marcato nelle razze da
pastore conduttore, assente del tutto nei difensori e nei molossoidi.
Cercare delle risposte nella sensibilità degli uni rispetto agli
altri è fuorviante e, fermandoci a questa semplice osservazione
potremmo aprire la strada a un mare di differenti e fantasiose
spiegazioni. Per
capire invece il motivo per cui questo accade dobbiamo riferirci alla
scala neotenica e all’età mentale che raggiunge un cane da adulto.
Scrivendo i nomi delle varie razze accanto ai vari gradini, ci
accorgeremo infatti che il problema aumenta con l’aumentare
dell’età mentale che una razza raggiunge allo stadio adulto. Tanto
maggiore è, quanto più risultano “sensibili” alla paura di
botti e temporali. Capire perché questo accade ci regala la conferma
di quanto affermo o, quanto meno, la certezza di cosa non fare,
poiché rientra fra gli atteggiamenti a rischio.
Infatti
soltanto inserendo questa ideale cartina tornasole attraverso gli
indizi provenienti da diverse aree di studi ho trovato la risposta,
che risiede nella diversa ottica attraverso la quale un pastore
conduttore (cane adolescente o preadolescente) osserva il suo
“bipede”, rispetto a un molossoide (cane infante) e affini. Per
il cane infante infatti il bipede molto facilmente rappresenta la
mamma-Dio, ruolo che si ricopre per automatismo e le sue certezze
biologiche derivano dal contatto con la stessa, dal fatto che sia
presente, effetto bastante a garantire vita e sicurezze.
Diversamente
nel periodo preadolescenziale, così come in quello adolescenziale,
esiste la massima attenzione a quelle che sono le azioni dei soggetti
di riferimento, dei leader, l’ottica attraverso la quale il cane
imposta la sua vita è differente. Se per il cucciolo l’obiettivo
primario della vita è non perdere il contatto con mamma-tutto, che
rassicura e nutre, con la crescita l’obiettivo diventa la
cooperazione col leader, che si sublima nell’atto della caccia
comune. Sempre con il medesimo obiettivo quindi, nutrirsi e
proteggersi, ma con diversa motivazione e quindi, con diverse
risposte ai medesimi stimoli. Per i primi infatti è fondamentale che
la madre ci sia, per i secondi invece non conta la presenza ma ciò
che fanno i leader, i suoi riferimenti nel gruppo. Attenzione quindi
non più alla persona, ma all’azione che la stessa compie, come
espressamente richiesto in quella delicata fase formativa e per il
resto della vita.
Per
questo mi sento di poter affermare che molto spesso sono i nostri
vani tentativi di confortare i nostri cani a renderli sempre più
sensibili ai botti, anno dopo anno. Sono le nostre reazioni, fosse
anche soltanto il vagare per casa cercando soluzioni di tutti i tipi,
perché questo ho visto e ascoltato nei racconti dei proprietari in
questi anni. Quando
ti rendi conto di aver preso una strada sbagliata ad un incrocio
torni indietro e poi tutto puoi fare, tranne scegliere nuovamente la
stessa strada. Regole empiriche che i navigatori hanno reso inutili e
gli studiosi han dimenticato.
Una
volta compreso questo la strada che personalmente ho imboccato con
buon successo da qualche anno si chiama “fiesta grande”. Sicché
i rintocchi della campana terrorizzante, il rombo terribile del
tuono, lo scoppio del petardo, per me diventano lo squillo di trombe
che segnala l’inizio della festa del cibo. Solo gioia, dalle mani
cadono prelibatezze di qualsiasi tipo. Non sono un rude e io me la
gioco così. Affermare che non si deve coccolare un cane spaventato
non significa fare i duri o essere insensibili, la vera sensibilità
di un buon bipede sta nel capire ciò di cui ha bisogno il suo cane e
comportarsi di conseguenza. Quindi
tenete in tasca la voglia di tenerezze per l’ultimo dell’anno e
siate pronti a sparare pezzi di panettone e allegria assieme ai
petardi dei vostri incoscienti vicini. Fatelo coi cuccioli
soprattutto e non troveranno conferme ai loro dubbi. Molti
addirittura lo digeriranno come un fastidioso segnale positivo.
Per
i proprietari invece di soggetti adulti che presentano già il
problema in maniera marcata si può provare. Qui dipende dall’età
e carattere del soggetto e da quanto siete bravi voi come
festaioli!!!
Godetevela
così, con buona pace degli aspiranti teneroni a tutti i costi.
A
capodanno nessuna dolcezza…. Ma molti dolcetti!
Buone
Feste a tutti!